Mike aveva ragione allorché, mezzo brillo, aveva sentenziato che a fine ottobre sulle spiagge di Cape Cod sarei stato da solo. Uscendo dalla McGrath Tavern di North Conway avevo addebitato l’assolutismo della profezia un po’ alla perentorietà di qualsiasi concetto espresso dagli americani, un po’ alla cinica malinconia con cui aveva dovuto convivere quell’uomo gioviale negli ultimi due anni, da quando aveva lasciato Boston, perché aveva finito i soldi, ed era stato lasciato dalla moglie, verosimilmente per lo stesso motivo. Mike aveva ragione: la popolazione autunnale del Capo ricorda la densità della Jacuzia e si concentra tutta nei diners all’ora di cena, verso le 18.30. Vidimato il pasto serale, l’umanità viene risucchiata dalle casette monofamiliari disperse nei boschi, e i tacchini selvatici s’impossessano delle strade.

Mashpee

L’estate è finita da un pezzo, sulle piste di sabbia che lambiscono l’Atlantico strisciano coppie di anziani abbracciati o anziani soli, qualche runner, qualche camminatrice compulsiva. I molti e sterminati parchi statali di questa penisola dalla forma scherzosa sono deserti. A Sandwich, ieri mattina, lungo i cinquecento metri del Boardwalk – passerella di legno che sorvola le paludi fino all’oceano di Town Neck – ho contato sei persone. Nel pomeriggio, pedalando di fianco ai laghetti salmastri della Shining Sea Bikeway, sulla costa ovest di Falmouth, in due ore ho incrociato dieci cristiani e un paio di cani, rigorosamente al guinzaglio. Stamane l’apoteosi: tra le dune del Sandy Neck a nord di Mashpee ci sono soltanto io.

Non so se e quanto incida la sequenza di cartelli che, per non aggravarne l’erosione, proibiscono di passeggiarci, sulle dune; o se i potenziali trasgressori vengano poi dissuasi dal terrorismo di ulteriori cartelli che allertano di fare attenzione ai cacciatori. So che io me ne impipo dei divieti e sguazzo anarchico nella sabbia interdetta, vuoi per il gusto antico dello sberleffo alle regole, vuoi per non invecchiare di noia, già che il Trail 1, l’unico tratto percorribile legalmente ai lati delle dune, è di una piattezza mortale. E poi crepare impallinato da un cow boy a caccia di coyote supera in gloria qualunque altra forma di decesso, salvo l’essere sbranato dagli stessi coyote.

Sandy Neck Trail

Mentre salgo e scendo dalle dune, alcune decisamente impervie, mi guardo intorno con estrema circospezione per evitare i proiettili del pistolero e le zanne del lupacchiotto. In cuor mio non mi dispiacerebbe avvistare una belva, nei primi dieci giorni di America selvaggia – quella dell’occhio agli alci, occhio agli orsi, occhio ai dinosauri – mi hanno fatto visita solamente roditori: innocui scoiattoli nel parco di Boston, tanti ma identici ai cugini del Parco Castello di Legnano; un paio di chipmunk sul Boulder Loop Trail, cricetoni dalla coda corta striati di bianco sulla schiena – Cip e Ciop per intenderci; e decine di coniglietti ieri dopo il tramonto sulla già citata Shining Sea Bikeway, invadenti e pelosi ma non proprio famelici. Pagherei parecchi dollari per un faccia a faccia, se non col coyote, almeno col tacchino selvatico o con l’oca di mare, che non dev’essere così friendly: per ora vedo solo impronte, centinaia di zigzaganti allunaggi, ciascuno con impressa la zampa della bestia in transito, tracce spesso contaminate dai solchi degli stivali del cacciatore di passaggio.

Scivolato in una valletta tra due colonne di sabbia, mi ritrovo insperabilmente circondato da orme non umane. Mi torna in mente il Parco Nazionale d’Abruzzo, allorché, di ritorno da un sentiero, vidi rovesciato su un fianco un masso enorme che all’andata poggiava ben saldo a terra. O la pineta della Feniglia nei pressi di Orbetello, quando scelsi un percorso alternativo al principale e, sfiorando un grosso cespuglio, sentii grugnire qualcosa di poco cordiale. In entrambe le occasioni ho avvertito la presenza latente di orsi marsicani e cinghiali maremmani, la stessa immanenza di animali ignoti che percepisco ora tra gli alberelli storti di queste dune bionde.

Sandy Neck

La consapevolezza che neanche stavolta si paleseranno belve feroci non sottrae un microgrammo di adrenalina alla scalata, peraltro assai più lunga del previsto: pensavo di scavallare le creste del Sahara in miniatura in pochi minuti, è passata mezz’ora e l’oceano è ancora un miraggio. E le gambe cominciano a protestare. E sono sudato alla schiena nonostante i dodici gradi. E quello scintillio tra i rovi non mi piace per niente, canna di fucile o puma?

Con le mani preda di un appiccicoso principio d’ansia, raccolgo le energie residue e mi lancio verso l’acqua. Mi arrampico esausto sull’ultima collina, da qui finalmente si digrada verso i riflessi argento e cobalto di questa spianata di Atlantico. Ora devo addomesticare il quarto di miglio restante, approdare in spiaggia e coprire ottocento metri pastosi di bagnasciuga fino alla Nissan: cercando di non voltarmi ad ogni fruscio, ad ogni grilletto innescato.

Sandy Neck Beach